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Come la passione diventa creazione

La passione dei coltelli l’ho sempre avuta forse, era nei miei geni ,quelli dei
miei nonni uno nato ad Ozieri vicino Pattada e l’altro innamorato delle
buone lame e che portava sempre in tasca curandolo quasi fosse un figlio
un coltellone affilato come un rasoio tant’è che le poche volte che riuscivo
a toccarlo mi tagliavo sempre ,era il mestiere che entrava nel sangue ! Non
vi dico la contentezza quando con i soldi risparmiati sul cinema
parrocchiale riuscii a comperarmi il primo temperino, non gli davo pace lo
affilavo continuamente con qualsiasi cosa trovavo finché non lo ridussi ad
un mozzicone .Continuai così alla ricerca della lama che non perdeva mai il
filo per molti anni fino al 1993 quando insoddisfatto di comperarli e basta
decisi di costruirmene uno, chiudibile naturalmente, perché per me il
coltello è quell’attrezzo che puoi portare dietro possibilmente in una tasca
senza che te la buchi, il primo problema era con cosa fare la lama ,un
amico mi rimediò una lama di una sega circolare adoperai quella , io che
ancora non sapevo come fare una buona tempra la lavorai da dura con
una mola ad acqua e tanta carta vetrata , mi consumai le mani ma che
soddisfazione quando lo finii, per il manico avevo adoperato della radica di
ulivo ed il risultato estetico era discreto , fu un successo fra gli amici, il che
mi spinse a farne un altro, a pompa stavolta e pensare che non ho mai
smontato un coltello. Arrivato al quarto decisi di lasciar stare il disco della
sega e mi misi sotto a studiare le caratteristiche degli acciai ed i loro
trattamenti termici ,feci contento il mio libraio ordinandogli tutto quello
che si trovava sull’argomento ed alla fine ebbro di tante nozioni mi costruii
una forgia per modellare la lama e temprarla, mi ci volle molto per riuscire
a tirare fuori qualcosa di buono ma chi la dura la vince, adoperavo sempre
acciaio rimediato ma ora sapevo quale adoperare, quello dei cuscinetti, il
100CR6 con l’uno per cento di carbonio ed il sei per cento di cromo dava
dopo tempra anche 63 gradi Rockwell ed un ottima tenuta del filo ma
dopo l’uso diventava nero e se lasciato bagnato faceva la ruggine, mi ci
voleva l’acciaio inossidabile ! Lo trovai in una coltelleria di Roma ed era
anche in barre dello spessore giusto, conobbi così l’MA5M ed anche Paolo
Dolcimascolo , il titolare della coltelleria che mi disse di portargli a vedere
quello che ci avrei tirato fuori , ci ritornai dopo un paio di mesi, il risultato
gli piacque e con lusinghe immeritate mi convinse a farne un bel po’ e
partecipare alla mia prima mostra il Game Fear a Bracciano, li preparai
rubando alla famiglia qualsiasi momento libero dal lavoro e fui fortunato,
quell’anno nel mio stesso stand c’erano una decina di coltellinai tra i più
bravi in Italia e da loro in quei brevi giorni imparai molte cose ed entrai
così anch’io nel meraviglioso e un po’ pazzo mondo degli artigiani
coltellinai.
Da allora l’imperativo è migliorare continuamente la precisione tecnica dei
miei coltelli pur mantenendo un mio stile ed una mia filosofia, per me il
coltello deve per prima cosa essere un utensile affidabile e sicuro con un
ottima lama ed un meccanismo il più scorrevole possibile e
compatibilmente con l’uso, semplice e leggero da ciò viene la mia
predilezione per il liner-lock, un meccanismo semplice a prima vista ma che
crea non pochi problemi per essere ben realizzato a chi come me non
dispone di macchinari sofisticati, io poi ho ne faccio anche un tipo molto
robusto con arco d’acciaio e senza boccole che mi costringe a tolleranze
sul piano del tallone di un centesimo di mm per ottenere una perfetta
scorrevolezza in apertura visto che una delle specificità del liner-lock è
appunto la possibilità di aprirlo con una mano sola ,gli attrezzi che adopero
per fare ciò ?Una carteggiatrice a nastro da me costruita, un trapano a
colonna cinese, un piccolo tornio, cinese anche lui visti i prezzi di una
buona macchina alcune politrici e tante lime . Ho iniziato a forgiare per
bisogno, lavorando i primi acciai rimediati in giro e poi perché non riuscivo
a trovare le lamiere dello spessore giusto e così ho imparato a lavorare gli
acciai più duri e tenaci ad esempio i vari CPM, acciai sinterizzati , costruiti
cioè con la tecnologia delle polveri che raggiungono grazie alla possibilità
data da questa particolare tecnologia altissimi valori dei costituenti :
carbonio a 2.45% molibdeno al 7% ecc., ed hanno perciò delle durezze
(63-65 HRC) ma soprattutto delle resistenze all’usura elevatissime, a parte
questi forgio ancora il D2 l ‘ATS34 e i vari damaschi che non si trovano
quasi mai degli spessori voluti .Gli acciai che preferisco a parte i
sinterizzati, che sono quasi impossibili da lavorare, sono il D2 per l’ottima
qualità dei taglienti e l’ATS34 per le sue buone qualità generali certo non
raggiunge i 62-63 H.R.C. del D2 ma in compenso si lavora meglio, è molto
più inossidabile e raggiunge una finitura superficiale più bella , in quanto ai
damaschi mi danno delle grandi soddisfazioni a livello estetico ed alcuni di
essi sono anche dei buonissimi composti ad esempio sto lavorando
ultimamente del damasco di Daniel Vally che oltre ad essere bellissimo dà
anche delle buonissime lame, ottimi sono anche i vari inossidabili fatti in
America, in generale ho scoperto che a dei bei disegni con motivi regolari e
non grossolani corrisponde poi un buon tagliente , il tutto naturalmente ha
poi bisogno di una tempra adeguata io come ho già detto la faccio da me
un po’ per poca fiducia nelle ditte specializzate (temprare una lama da 2
mm senza storcerla non è facile ) e poi perché mi dà un’enorme
soddisfazione.
Inizio a fare il coltello a tavolino disegnando la forma, per principio non mi
piace copiare e quindi ricerco sempre una linea personale che lo faccia
riconoscere fra gli altri, poi passo in officina dove copio la lama sulla barra
di acciaio ,ne ritaglio la forma e gli faccio il buco per il perno a questo
punto inizio la costruzione del meccanismo di blocco e dei liner, questo è
un lavoro lungo e fatto di molteplici monta prova rismonta lima rimonta e
riprova che mi fa venire in mente le lunghe ore di aggiustaggio fatte a
scuola (tecnico industriale indirizzo meccanica)quando alla fine il tutto
funziona bene , marchio la lama e gli faccio la molatura concava con una
ruota da 200 mm, inizio con la carta di grana 60 poi 120,150, 220ed infine
400 ora viene la tempra : impacchetto la lama in un foglio di acciaio per
non avere la decarburazione superficiale e metto il tutto in forno dopo un
dato tempo la tiro fuori e la spengo in olio vegetale segue un trattamento
sottozero e il rinvenimento, ora la lama va rifinita, ricomincio ad asportare
il materiale che ho lasciato in eccesso con la 150 e poi a scalare fino alla
2500 a questo punto i righi della carta sono diventati talmente fini da
essere già lucida e per tirarla a specchio basta passarla alla politrice con
un paio di paste di grana diversa, riesco così ad ottenere delle superfici
quasi perfette con gli angoli di molatura integri e ben netti, va ora scelto il
materiale per le guancette io adopero corni di animali ,legni pregiati,
avorio, madreperla ed alcuni materiali sintetici come la fibra di carbonio o
la micarta e prossimamente vorrei iniziare a lavorare le pietre dure, le
taglio e le incollo sui liner con della colla bicomponente a lunga essiccazione
, quando tutti i pezzi sono pronti va perfezionato il meccanismo con un fine
lavoro di aggiustaggio e finalmente si può montare definitivamente il
coltello con delle viti a brugola o dei perni ribattuti che io quasi sempre
lascio a cupola esterna, ci vuole più tempo e precisione perché il manico va
finito prima di montarlo ma il risultato estetico è ottimo, da un anno poi
faccio anche dei liner-lock totalmente smontabili alla maniera americana
con sfera di ritegno (adopero quelle da 1 mm) boccole in teflon, liner in
titanio che a volte anodizzo, per i quali faccio al tornio un particolare
perno composito che permette la smontabilità e la registrazione della lama
tramite una chiave a brugola da 2,5 mm. Il prossimo traguardo che mi
sono posto è l’interframe in titanio e
pietre dure totalmente smontabile tipo i coltelli di Walker ma con il mio
stile e realizzati un po’ peggio di come fa lui.
Potrei dire di aver fatto tutto ciò da autodidatta ma non sarebbe vero , ho
sempre preso tutti i consigli che mi sono stati dati e cercato di rubare il
mestiere a tutti sia al fabbro sotto casa che al famoso coltellinaio tra l’altro
sono andato a trovarne parecchi ed ho sempre riportato a casa qualcosa
di buono, nel 1995 in special modo invece di farmi le ferie partii per la
Francia destinazione Mark Alfieri, per strada mi fermai da Francesco
Pachì e da Santino Ballestra e quello per me fu il miglior viaggio che
potessi fare, i tre mostri sacri mi insegnarono molte cose : da Francesco
ho imparato che i bei coltelli non si fanno senza investire in macchinari e
materiali, da Santino che non tutto si fa con le macchine e che l’anima al
coltello gliela danno le mani dell’artigiano e da Mark come si fa un ottimo
liner-lock , l’altranno a Cannes ho ricevuto un invito da un paio di
carissime persone in Sud Africa non ho ancora potuto onorarlo ma chissà
che prima o poi...

Scritto nel maggio 1998.

 

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